Presentazione delle sale

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SALA I
Questa prima sala è dedicata alle origini della Chiesa nel territorio fabrianese. Purtroppo pochi sono i resti che la testimoniano. Qui subito a destra dell’ingresso è esposto un bassorilievo raffigurante l’Agnus Dei, proveniente dall’antica Pieve di S. Maria di Albacina. La scultura risale al VIII-IX secolo. La prima delle due pergamene, datata marzo 1003, proviene dall’Abbazia di S. Maria d’Appennino, e riguarda una donazione di beni fatta alla medesima abbazia. La seconda, del 1046, proviene dall’archivio di S. Venanzio e riguarda la donazione di una casa con orto a favore della erigenda chiesa di S. Venanzio. La piccola Croce astile è un raro esemplare di oreficeria medievale, databile al XIII secolo, uscito con probabilità da una bottega specializzata umbra o toscana. Dobbiamo alla lunga presenza longobarda la diffusione in area appenninica di simboli devozionali di gusto arcaico se non barbarico, e la croce di Castelletta costituisce una prova significativa di microscultura in metallo dell’epoca.
SALA II
È qui esposta una valida testimonianza della Scuola Fabrianese del Tre e del Quattrocento. A cominciare dai due grandi pannelli su tavola di Allegretto Nuzi (c. 1320-1373), laterali di un grande trittico proveniente dalla abbazia di Santa Maria d’Appennino. Lo scomparto centrale, nel quale campeggia una Madonna col Bambino in trono, fortemente danneggiata, appartiene alla collezione della famiglia Sabatucci, proprietaria della chiesetta rurale di Santa Maria Nuova, presso Ostra Vetere, da cui l’opera è pervenuta. Nei due laterali sono raffigurati a sinistra S. Giovanni Battista e S. Venanzio, a destra S. Antonio abate e S. Giovanni Evangelista. Uno dei capolavori della scultura marchigiana di fine Trecento è il S. Giacomo Apostolo, raro esemplare che si inserisce nel catalogo di Fra Giovanni di Bartolomeo (notizie dal 1364 al 1396), monaco scultore attivo nel convento fabrianese di Santa Caterina, conosciuto anche come il Maestro dei Magi di Fabriano. A scuola umbra del XV secolo, forse folignate, parrebbe appartenere l’autore della caratterizzata tavoletta con S. Veronica. Al cosiddetto Maestro di Staffolo spetta una serie di affreschi staccati già nella chiesa di Sant’Onofrio (Deposizione dalla Croce e I Santi Giovanni da Capistrano, Bernardino da Siena e Sebastiano) e in Palazzo Baravelli. Il legame formale dell’ignoto autore con Gentile da Fabriano trapela soprattutto dall’elegante Madonna in trono col Bambino (Madonna di Loreto). Da Palazzo Baravelli proviene anche l’affresco con Quattro santi datato 1457, lavoro giovanile di Antonio da Fabriano, dove è espressa la sua rude vena naturalistica, di chiara matrice meridionale.
SALA III
La arcaizzante Madonna in trono col Bambino è opera sicura di Bernardino di Mariotto da Perugia, suo primo attestato di una lunga stagione marchigiana che lo vide attivo sino agli anni venti del ‘500 nella sua bottega di San Severino Marche. Il piccolo Gesù solleva il modelletto miniaturizzato del castello di Bastia, borgo del territorio fabrianese per il quale era stato originariamente eseguito. Reca la scritta: Belardinus de Perusia pinsit 1498.
La grande tavola attribuita a Fra Fabiano da Urbino ci introduce al clima estetico e culturale del primo Cinquecento. Pervasa di toni freschi e mattinali, l’opera si qualifica come un prodotto nato in armonia con le correnti di gusto attive nel Montefeltro, facenti capo a Raffaello e a suo padre Giovanni Santi. Essa raffigura la Madonna in trono col Bambino, S. Caterina d’Alessandria, S. Giovannino e S. Francesco. Di un più modesto artefice risulta la lunga figura del S. Girolamo, mentre di più elevato ingegno risultano le cadenze della Madonna del latte tra S. Giovanni Evangelista e S. Antonio abate. Vi promana un senso di religiosità dolce e riflessiva, espressa secondo stilemi che rimandano all’Umbria e a Signorelli. Di Pietro Paolo Agabiti (sec.XVI) è la tavola raffigurante Madonna col Bambino in trono e San Giovanni Battista, San Fortunato Vescovo, San Donnino e San Giovanni Evangelista. Nel gradino centrale del trono si legge la data finale dell’opera MDXXI e la indicazione: QUESTA OPERA LAFACTA FARE LASCOLA DESANFORTUNATO. L’impianto figurativo della scena è ispirato ai modelli del Palmezzano, mentre la piccola natura morta disposta sul gradino del trono è una tardiva, seppur commossa, citazione da Carlo Crivelli. Bellissimo lo sfondo di paesaggio, dove può individuarsi senza difficoltà la veduta di Sassoferrato che svetta a destra sul colle.
SALA IV
I dipinti esposti in questa sala rappresentano in maniera significativa l’ultimo manierismo marchigiano. L’arceviese Ercole Ramazzani (1530 – 1598) ne è uno dei più validi esponenti, come testimonia la Madonna col Bambino tra S. Rocco e S. Sebastiano, firmata e datata: ERCULES RAMAZZANUS ROCCAE CONTRADAE MDLXVI. Realizzata con toni di colore levigati e preziosi, essa è frutto delle esperienze romane e venete condotte dall’autore. La Crocifissione è firmata dal fabrianese Domiziano Domiziani, attivo alla fine del XVI secolo, il quale fa sfoggio di un grafismo lucido e attento, che lo porta ad una accurata definizione dei soggetti figurativi. Proviene dalla chiesa parrocchiale di San Michele la martoriata Madonna in trono col Bambino, S. Michele Arcangelo, S. Giovannino e S. Pietro, che un provvidenziale restauro ha salvato da sicura rovina. Vi si incrociano i modi del Ramazzani, tradotti però in termini più popolareschi, da far pensare all’intervento di un suo allievo.
SALA V
La grande tela martoriata raffigurante Otto santi genuflessi doveva aprirsi al centro verso una immagine particolarmente venerata. Le otto figure e gli angeli che ravvivano la volta celeste si collegano all’arte di Giovan Francesco Guerrieri da Fossombrone (1589 – 1659), il massimo esponente della pittura seicentesca delle Marche. Il pittore veneto Claudio Ridolfi (1570 – 1644), trasferitosi da giovane nelle Marche, prese stabile dimora a Corinaldo trascorrendovi gran parte della sua esistenza. Alla sua mano spetta il S. Emidio entro elegante cornice ovale, appartenuto al marchese Onofrio del Grillo, pittoresco personaggio del patriziato romano. Nel dipinto sono espressi i caratteri del tempo maturo e finale dell’artista veronese, vibranti di forti tensioni cromatiche. La grande tela col Battesimo di S. Agostino è una delle numerose prove che il pittore vicentino Pasqualino Rossi (1641 – 1720) portò a termine per le chiese di Fabriano, dove egli fu attivo negli anni ‘70 del Seicento. A Giovanni Loreti (1686 – 1760), pittore nativo di Fano ma naturalizzato fabrianese, è stato riferito il dipinto con la figura a mezzo busto di S. Vincenzo Ferreri, eseguito con fare fresco e spigliato. Al centro della sala si erge la Vergine Immacolata, statua lignea policroma di un artefice seicentesco che ha lasciato numerose prove della sua attività nelle chiese e nei monasteri della città.