Discorso di S.E. Mons Giancarlo Vecerrica a Fermo per il Convegno “Voglia di Oratorio”

 

1. Sono lieto di partecipare a questo seminario a conclusione di un interessante ed impegnativo percorso di riflessione e di approfondimento intorno all’esperienza degli oratori marchigiani. Dopo l’Happening nazionale degli Oratori svoltosi a Bergamo e Brescia dove la nostra Regione ha partecipato, nel settembre scorso, con una nutrita delegazione di educatori ed animatori, ci siamo dati appuntamento in questa accogliente diocesi fermana per una condivisione di sguardi, progetti ed azioni tra i nostri oratori. Come sottolineato negli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano, l’oratorio “accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita” (“Educare alla vita buona del Vangelo”, n. 42).

 

2. Educare è vocazione e missione. Non è compito di pochi. E’ venuto quindi il tempo della persona, di ciascuno di noi. E l’oratorio è il luogo del “possibile” come avete ascoltato dalle parole del Vescovo di Bergamo Francesco Beschi all’Happening precedentemente citato. L’oratorio diventa il luogo della fiducia nell’altro. Una scommessa sull’essere umano a partire dalla fiducia che Dio ha nei nostri riguardi.  La tradizione ci ha consegnato l’istituzione dell’oratorio come un luogo privilegiato, nel quale la comunità cristiana si fa carico dell’educazione dei ragazzi. La nostra sfida è quella di rinnovare la tradizione oratoriana investendo innanzitutto sulle persone e su tutti gli uomini di buona volontà che hanno il desiderio di coinvolgersi in questa realtà.

Il compito degli educatori negli oratori è delicatissimo, necessario e affascinante. È trattare innanzitutto non con le cose o le strutture, ma con la Persona del ragazzo o del giovane, che è unica e irrepetibile, per scoprire la sua vocazione. Da qui la necessità di capire i giovani, di ascoltarli e di immetterci nel profondo del loro essere. 

Voi educatori siete chiamati a vivere l’educazione come misericordia in atto, per cui Dio vi viene incontro lì dove siete, e vi vuol bene così come siete. È la natura stessa dell’amore: gratuità assoluta. Dice San Paolo nella lettera ai Romani: “in questo sta l’amore: che Dio ci ha amati per primo, mentre eravamo ancora peccatori”. Questa identificazione dell’educazione con la misericordia porta a vivere la vostra responsabilità come offerta della vostra vita alla vita degli altri.

Nel messaggio che avevo inviato per l’Happening di Bergamo e Brescia avevo trascritto questa lettera di alcuni ragazzi di un nostro oratorio che dice così:

“…noi giovani siamo visti come un problema.

…il giovane beve il sabato sera, il giovane non ha voglia di lavorare, il giovane va in università per hobby, il giovane non ha ideali, il giovane è lontano dalla Chiesa, il giovane è in rovina!

Che tristezza!

Gli adulti non si fidano più di noi!

Ma noi…. non siamo i figli di voi adulti?

Non vi viene in mente di domandarvi “…ma che abbiamo combinato?…”

Noi, ci siamo! Siamo il vostro futuro!

Saremo noi i vostri medici, saremo noi i vostri governanti, saremo noi i vostri sacerdoti!

Noi tutti abbiamo qualche cosa da regalarvi !

Non vi fermate a vedere i nostri tatuaggi o le nostre chiome stravaganti !

Guardate al di là dei nostri piercing e del nostro abbigliamento !

Noi siamo per primo FIGLI DI DIO !

[…] un suggerimento è quello di credere nei giovani, di dargli la possibilità di migliorarsi e quindi di curare come una piantina debole i suoi preziosi oratori che sono comunque un riferimento per tanti giovani…anche per quelli come noi, un po’ ribelli, con i jeans strappati ed i tatuaggi.

Gesù è anche uno dei nostri.”

Noi stiamo vivendo in un contesto umano, sociale e culturale che ha eroso i fattori più elementari dell’esperienza, cioè l’apertura originale del cuore e la percezione della realtà come positiva, come carica di promesse per la propria vita. E chi più fa esperienza di questa crisi dell’umano sono proprio i nostri giovani che continuamente domandano agli adulti un cammino di speranza.

Quando Benedetto XVI ha incontrato i fidanzati ad Ancona l’11 settembre 2011 ci ha ricordato che:

” Nel disorientamento ciascuno è spinto a muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel solo perimetro del presente. La frammentazione del tessuto comunitario si riflette in un relativismo che intacca i valori essenziali; la consonanza di sensazioni, di stati d’animo e di emozioni sembra più importante della condivisione di un progetto di vita. Anche le scelte di fondo allora diventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnala piuttosto la carenza.”

Questa è la sfida che gli oratori si trovano a vivere in questo contesto che abbiamo descritto.

Benedetto XVI diceva sempre ai fidanzati:

“Siate certi che, in ogni circostanza, siete amati e custoditi dall’amore di Dio, che è la nostra forza”

E’ questo profondo stupore per qualcosa che accade nella nostra vita che ci mette nelle condizioni di accogliere l’altro e di accompagnarlo sulla strada della maturazione. Questa ospitalità e questa educazione è imitazione del gesto di Cristo. Altrimenti ogni altra ragione rischia di essere solo sentimentalismo o volontarismo  che alle prime difficoltà soccombe. Condividendo lo sguardo con cui Cristo guarda le persone e le cose, si può entrare nell’arena, accettando anche sacrifici, come accade a tanti che condividono la vita dei ragazzi e delle persone che sono loro affidate. L’oratorio è una testimonianza sulla natura del cristianesimo: non richiede sforzi titanici o capacità particolari, perché è come qualcosa di imprevisto che irrompre nella vita, che investe la persona e la cambia.

Si educa un uomo se si favorisce il dilatarsi in lui di un ideale, qualcosa di più grande di sé, per cui tutto quello che si fa non lo si fa per se stessi. Questo è l’abolizione dell’egoismo e l’inizio di un cammino della vita preparato da Dio per ciascuno di noi.

 

3. Il riconoscimento, da parte del Parlamento italiano e soprattutto del governo della nostra Regione Marche, della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo, pone l’oratorio stesso in una condizione di agevolazione ma anche di responsabilità in merito alla sua presenza sul territorio, all’offerta aggregativa e formativa che offre e, di conseguenza, all’educazione ad una cittadinanza appassionata e impegnata. L’oratorio per la sua stretta appartenenza al territorio e alla comunità cristiana è chiamato a mettersi al servizio del dialogo tra i diversi soggetti educativi. Esso ha alle spalle una lunga tradizione educativa cristiana, questo notevole bagaglio culturale può essere valorizzato anche oggi in una dimensione non solo ecclesiale, ma anche pubblica.

Il mio appello è questo che i nostri oratori si sentano tutti chiamati a fare e a dare ciò che hanno fatto i nostri vescovi e la nostra regione. Nonostante le gravi difficoltà anche economiche che l’opera degli oratori non si fermi ma sia ancor più incrementata. Investire sui giovani e un guadagno per tutti.

Mi piace ricordare la testimonianza di Don Lorenzo Milani, il quale ha unito in sé, l’essere un Pittore e un Prete, rispondendo al Suo Maestro di pittura, per spiegare perché passava dall’arte pittorica al seminario, diceva: “è tutta colpa tua, perché tu mi hai parlato della necessità di cercare sempre l’essenziale, di eliminare i dettagli e di semplificare, di vedere le cose come un’unità dove ogni parte dipende dall’altra. A me non bastava fare tutto questo su un pezzo di carta. Non mi bastava cercare questi rapporti tra i colori. Ho voluto cercarli tra la mia vita e le persone del mondo. E ho preso un’altra strada”. 

Cari amici, educare alla scoperta e al lancio della vocazione dei ragazzi è andare all’essenziale. L’oratorio educa alla scoperta delle vocazioni, da cui sono nati tanti geni e tante belle personalità.

Vi sostengo e vi incoraggio a proseguire questo cammino augurandovi di essere una presenza viva in grado di favorire nelle nostre comunità una maggior presa di coscienza di sè come comunità educante. Il mio caloroso saluto vuole concludersi con le parole di Papa Giovanni Paolo II “ […] Rilanciate gli oratori, adeguandoli alle esigenze dei tempi, come ponti tra la Chiesa e la strada, con particolare attenzione per chi è emarginato […]”.

 

+ Giancarlo Vecerrica