“Il mercato e la democrazia”. (1^ Parte) Ufficio della Pastorale del Lavoro

L’attenta lettura della “Caritas in Veritate” ci mette nelle condizioni ottimali per affrontare la miriade di problemi di ordine economico, finanziario, sociale e politico. Oggi tratteremo le implicazioni esistenti tra il mercato e la democrazia. Le regole del mercato spingono alla competizione degli individui tra loro, la democrazia ha come procedura la composizione dei conflitti. Nell’economia di mercato l’individuo vale come il tutto. Nella democrazia l’individuo è un cittadino che è parte di un sistema di regole che si è liberamente dato sulla base di valori condivisi. Il mercato globale ha ridotto il potere di controllo degli Stati e l’attuale dimensione è tale da entrare in competizione con la stessa forma di governo democratico. Tutti gli Stati, hanno perso la possibilità di controllare interamente l’economia, e si vedono diminuire la loro sovranità.  Il sistema economico di una nazione, può essere messo in crisi da una sola persona, un grande finanziere o una società. C’è chi lo vede come una conquista di libertà e chi come l’inizio di un processo eversivo della democrazia. La competizione tra mercato e democrazia cambierà la democrazia o il mercato? La democrazia oltre ad essere un regime politico, è anche un valore; mentre il mercato è un mezzo che è risultato compatibile con essa. Democrazia e mercato hanno bisogno l’una dell’altro ma coesistono in una tensione costante che deve essere sempre al centro dell’interesse della politica cui spetta tracciare i confini fra i diritti irrinunciabili delle persone e l’agire del mercato. Il capitalismo deve essere regolato, come hanno insegnato gli stessi maestri del pensiero liberale, in primo luogo Luigi Einaudi. Nel mondo d’oggi la regolazione è efficace solo se può contare su strumenti globali; il fondamento su cui poggiare il governo del rapporto fra mercato e democrazia è la riforma del sistema finanziario internazionale. Di fronte all’inarrestabile crescita dell’interdipendenza mondiale e in presenza di una recessione anch’essa mondiale, è fortemente sentita l’urgenza di riformare sia l’Organizzazione delle Nazioni Unite che l’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni. La dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti. A ben vedere ciò è imposto anche dalla «ragione economica». L’aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali all’interno di un medesimo Paese e tra le popolazioni dei vari Paesi, quindi l’aumento massiccio della povertà in senso relativo, tende a erodere la coesione sociale, e per questa via mette a rischio la democrazia. Non solo, ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del «capitale sociale», ossia quell’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili a ogni convivenza civile. È sempre la scienza economica a dirci che una strutturale situazione d’insicurezza genera atteggiamenti antiproduttivi e di spreco di risorse umane, perché il lavoratore tende ad adattarsi passivamente ai meccanismi automatici, anziché liberare creatività. Anche su questo punto c’è una convergenza tra scienza economica e valutazione morale. I costi umani sono sempre anche economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani. Altri approfondimenti sul tema, saranno trattati prossimamente; ci attendiamo di ricevere preziosi contributi dai lettori.


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