Prolusione del Direttore Scuola Teologica Diocesana, diacono Enrico Pierosara

Cari amici studenti, cari ospiti,,
come ogni anno, il giorno dell’inaugurazione della nostra scuola è anche l’occasione per me di lasciarvi alcune riflessioni , spero utili, per un anno impegnativo di studio che so quanto costa alla maggior parte di voi, già oberati dal lavoro professionale, dalla famiglia e dai problemi che ogni giorno porta con se.  Queste conversazioni d’inizio anno accademico, hanno una comune linea logica: vogliono  mettere in evidenza come la scuola vuole educarvi  a scoprire la ricchezza per la nostra vita dell’annuncio cristiano (il tema pastorale per quest’anno nella nostra diocesi è proprio “Educare alla vita come vocazione“).   Lo scorso anno, se ricordate, abbiamo  parlato di Cristo “luce da luce” e come questa luce della sapienza divina di cui cerchiamo di scoprirne i riflessi anche con questi studi, vuole illuminare la nostra vita.  La nostra fede è un dono ricchissimo di Dio che avvolge e penetra la vita dell’uomo in ogni sua manifestazione: Dio ci ha creati e sa come siamo fatti, conosce intimamente la verità più profonda di ogn’uno di noi, ci ha fatti a sua immagine e pertanto ci ha prospettato come salire verso la sua perfezione a cui siamo chiamati: “siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro”.   Questa prospettiva è stata chiamata dal filosofo francese Jacques Maritain “umanesimo integrale”, come scoperta nel pensiero cristiano di una strada per l’uomo per raggiungere la sua massima espansione e la sua piena maturazione. L’umanesimo cristiano è dunque un Umanesimo Integrale, cioè valorizzazione dell’uomo in termini di integralità antropologica, di valorizzazione della integralità della sua persona.   Maritain sosteneva a ragione che questo umanesimo proposto dal cristianesimo è un un ” ideale storico concreto “, perché Cristo è entrato nella storia e nella nostra storia individuale.    Non lasciamoci fuorviare da chi sostiene anche oggi, da scrittori di formazione laica molto presenti nei nostri media, che l’umanesimo cristiano sia una categoria metastorica, cioè che trascenda l’uomo e pertanto non potrà mai coinvolgerlo realmente: in Cristo il Dio trascendente si è fatto uomo, ha assunto nella storia la nostra umanità integralmente, si è coinvolto con la nostra limitatezza per coinvolgerci in un progetto di maturazione umana impensabile fino a quel momento.   Scriveva il Cardinal Henri Marie De Lubac, uno dei maggiori teologi del XX secolo, che Cristo non è solo un persona storica determinata, ma anche il Verbo per mezzo del quale tutto è stato fatto, “Colui che è quindi la consistenza ontologica ultima di tutto”, e cioè il senso più profondo dell’essere  e dell’essere umano in particolare. Perciò  scriveva ancora il card. De Lubac Cristo è la “infinita pax” che tutto riassume in se.     Sono andato a sbirciare qua e la il pensiero degli umanisti cristiani del passato: nomi importanti come, per citarne alcuni, Nicolò Cusano, San Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam e mi sono imbattuto in una citazione di Pico della Mirandola, che non avrei posto tra i pensatori dell’umanesimo cristiano, il quale pur cercando una pienezza di sviluppo umano ad un livello puramente naturale, doveva ammettere che – cito: “Solo Cristo è colui attraverso il quale la carne può avere accesso al Verbo” Cristo, sostanzialmente vuole dire Pico è l’unica via per la piena espansione o maturazione della nostra umanità (la carne da lui assunta) e solo attraverso di lui per l’uomo è possibile raggiungere la pienezza dell’essere, che è Dio.