“Il Cero Pasquale” don Vincenzo Bracci osb

Fra i diversi segni che hanno funzione di memoriale, nella notte della Veglia Pasquale acquista rilevanza particolare il Cero pasquale il cui simbolismo ci lega ad una sublime realtà spirituale: la presenza di Dio, Luce per il suo popolo. La liturgia della luce, chiamata nell’antica tradizione addirittura “Eucharistia Lucernaris”, appare come una mistagogia immediata al “tremendo mistero” della Pasqua, riflesso e sintesi del lungo esodo quaresimale guidato da Dio attraverso la sua Parola “dal fuoco” (Dt. 4,12).
Cristo che parla e redime nel fuoco dello Spirito, Buon Pastore che guida e disperde “le tenebre del cuore e dello spirito” (Liturgia) viene reso presente nella luce del cero pasquale, simbolo – memoriale della vicinanza di Cristo simbolo – memoriale dell’offerta della Chiesa che segue il suo Signore nella nuova luce, nel nuovo cammino di risorti.
Cristo assume l’umanità, nascondendo la gloria che possedeva da prima della fondazione del mondo (Gv. 17, 5. 24), ma da questa umanità che si consuma, soprattutto nel momento della morte in croce, risplende la luce dell’esaltazione, della resurrezione (Fil. 2, 1-11). Il cero, simbolo di tale umanità in cui “morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello” (Sequenza Pasquale), non può essere un ‘contenitore’ rigido, ‘immortale’, un involucro di una candela accesa azionata da una molla!
L’umanità non è un simulacro, l’involucro fittizio della divinità. E’ un simbolismo, d’accordo, me deve essere reale e vero! La carne di Cristo, creata in Maria dallo Spirito, si consuma per costruire una dimora eterna (Prefazio dei defunti).
Così la carne dell’uomo rinato in Cristo; il cero, il frutto del lavoro paziente, ordinato, comune delle api si liquefa e sprigiona la luce di Cristo, salvezza dell’umanità e del cosmo. Volendo porre nei giusti termini la simbologia del cero pasquale, bisognerebbe, di complemento, insistere sulla simbologia notturna, seguendo le indicazioni delle rubriche: “L’intera celebrazione della veglia si svolga di notte in modo che giustamente sia la ‘notte di veglia’ in onore del Signore” (Es. 12, 42).
Quale senso ha celebrare la luce quando già c’è? Da questa notte, da questa luce inizia il nostro essere cristiani, il nostro impegno battesimale, il nostro “rinascere nella luce del Signore risorto” (Colletta di Pasqua). Non si accende una lucerna per porla sotto il moggio, ma per fare “luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt. 5, 14-16) e per essere “visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio” (Es. 40, 38), ricordando che il “nostro Dio è un fuoco divoratore” (Eb. 12, 29). Che dire allora di ceri pasquali dalle striminzite e smorte fiammelle quasi invisibili? Il Cero pasquale, segno speciale ed immediato di richiamo all’azione salvifica pasquale, si situa accanto all’ambone da Pasqua a Pentecoste, si fa vivere nelle celebrazioni del Battesimo, nascita alla fede, nella Liturgia dei defunti, nascita alla vita eterna, la sua fiamma.
Perché fuori del periodo prescritto, il cero si spegne? La luce di Cristo passa alla Chiesa, al cristiano: “Voi siete la luce del mondo…” così risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre buone opere e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt. 5, 14-16).
Il Cristo segue e sorregge con la sua presenza reale, misterica: l’Eucarestia; ma il cristiano assume di fronte al mondo, in piena responsabilità, il suo mistero di essere simbolo-segno vivente di luce perché su di lui risplende la luce del Volto di Cristo. Seguiamo la Chiesa e la sua Liturgia che è praxis ed avremo profondi contenuti per una seria spiritualità di vita ed un programma concreto di catechesi.
                           


                                                                              Don Vincenzo Bracci osb