Carissimi sacerdoti e fedeli tutti!
1) Ci poniamo alcune domande di verifica su come procede l’Anno della Fede: in me cresce la “maturità” della fede? Sento il desiderio di trasmettere la fede agli altri, soprattutto ai giovani? In particolare, come procedono i tre impegni proposti dal vescovo: la recita del Credo in famiglia, tutte le sere; gli incontri dei “mercoledì della fede” in parrocchia o nella propria comunità; la partecipazione agli incontri diocesani mensili in cattedrale?
2) Nel mese di novembre siamo chiamati a fare questa professione “Io credo in Gesù Cristo” e nel mese di dicembre “Io credo la santa Chiesa cattolica”.
Gesù è venuto a cambiare la nostra vita attraverso la Chiesa. Siamo attaccati a Gesù per fare esperienza di cambiamento, di conversione e di novità. Il lavoro della vita è entrare sempre di più nella sequela di Gesù che ci propone la vita di Chiesa: “E’ Gesù la novità che trasforma il mondo”. (Benedetto XVI).
Perché Gesù ci è necessario? San Tommaso risponde perché “soddisfa ogni esigenza e aspirazione”. E la Chiesa ci è necessaria proprio per questo. Sceglie Gesù chi ama se stesso. Segue la Chiesa chi desidera soddisfare le proprie aspirazioni. La conoscenza di Gesù è inesauribile per tutti, preti, laici, vicini o lontani!
La sequela di Gesù nella Chiesa può crescere o diminuire per tutti! Ciò che conta è che la persona di Gesù, vivo e presente, sia al centro della vita: troppi problemi, anche ecclesiastici, offuscano questa centralità. Quando qualcuno viene a parlarmi o mi scrive per problematiche sterili sorvolo presto, lascio perdere. Mi interessa parlare di Cristo e del suo fascino: Cristo mi basta! La Chiesa mi soddisfa! Su questa posizione San Paolo è netto: “D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo” (Gal 6,17). Auguro a tutti i “problematici” o “critici” o “lamentosi” di lasciarsi conquistare da Cristo e dalla Chiesa.
3) Vi propongo alcuni testi importanti: San Cirillo di Gerusalemme, nelle “Catechesi”, così ci sprona: “Cerca di ritenere bene a memoria il simbolo della fede. Esso non è stato fatto secondo capricci umani, ma è il risultato di una scelta dei punti più importanti di tutta la Scrittura. Essi compongono e formano l’unica dottrina della fede. E, come un granellino di senapa, pur nella sua piccolezza, contiene in germe tutti i ramoscelli, così il simbolo della fede contiene, nelle sue brevi formule, tutta la somma di dottrina che si trova tanto nell’Antico quanto nel nuovo Testamento. Perciò, fratelli, conservate con ogni impegno la tradizione che vi viene trasmessa e scrivetene gli insegnamenti nel più profondo del cuore.
Vigilate attentamente perché il nemico non vi trovi indolenti e pigri e così vi derubi di questo tesoro. State in guardia perché nessun eretico stravolga le verità che vi sono state insegnate. Ricordate che aver fede significa far fruttare la moneta che è stata posta nelle vostre mani. E non dimenticate che Dio vi chiederà conto di ciò che vi è stato donato”.
– Il Papa ci guida in questo Anno della Fede e così ci prepara a riflettere sugli articoli del Credo: “La fede non è un semplice assenso intellettuale dell’uomo a delle verità particolari su Dio; è un atto con cui mi affido liberamente a un Dio che è Padre e mi ama; è adesione a un «Tu» che mi dona speranza e fiducia.
Certo questa adesione a Dio non è priva di contenuti: con essa siamo consapevoli che Dio stesso si è mostrato a noi in Cristo, ha fatto vedere il suo volto e si è fatto realmente vicino a ciascuno di noi. Anzi, Dio ha rivelato che il suo amore verso l’uomo, verso ciascuno di noi, è senza misura: sulla Croce, Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio fatto uomo, ci mostra nel modo più luminoso a che punto arriva questo amore, fino al dono di se stesso, fino al sacrificio totale. Con il mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, Dio scende fino in fondo nella nostra umanità per riportarla a Lui, per elevarla alla sua altezza”.
– A questi richiami autorevoli unisco ciò che ha scritto Don Julián Carrón, dopo l’esperienza vissuta al Sinodo: “È commovente vedere che una istituzione come la Chiesa, con duemila anni di storia alle spalle, sia ancora libera di mettersi in discussione. Tanto è vero che uno dei richiami più spesso ascoltati nell’aula sinodale è stato quello relativo all’urgenza della conversione. Tutti eravamo consapevoli che per far rifiorire il deserto non basta cambiare strategie e neppure una messa a punto dei piani pastorali. Occorre una vera e propria conversione personale ed ecclesiale”.
Carissimi sacerdoti e laici, siamo tutti chiamati a vivere l’entusiasmo della conversione e l’impeto missionario in questo anno speciale. Prego per questa intenzione e vi saluto fraternamente.
+ Giancarlo Vecerrica