La Domenica delle Palme e della Passione del Signore
Ai primi quattro giorni della Settimana Santa, da domenica a mercoledì, si potrebbe dare il titolo di “Cammino verso il giardino degli olivi”. Infatti a Gerusalemme si tenta di riprodurre aneddoticamente gli ultimi giorni di Gesù in un dettaglio abbastanza preciso. Conosciamo questo dettaglio dal Giornale di viaggio di Eteria (secolo IV). Questo desiderio di riprodurre nel dettaglio le varie tappe della Passione di Cristo può costituire un pericolo non sempre evitato, quello di frammentare i diversi momenti, dimenticando così l’unità del Mistero di Pasqua: Morte e Risurrezione, inseparabilmente unite con l’Ascensione e l’invio dello Spirito.
Malgrado la tentazione di imitare i riti di Gerusalemme descritti da Eteria, la liturgia di Roma è rimasta fedele per lungo tempo a celebrare non le Palme e l’entrata a Gerusalemme, ma la Passione di Cristo. Sette omelie di San Leone sono dedicate alla Passione e sono state proseguite il mercoledì seguente, in cui si ricominciava la lettura della Passione.
Il titolo di questa domenica prima della Pasqua rimane: Domenica della Passione del Signore.
Perché questa anticipazione? Non abbiamo nessun testo che spieghi questa usanza. Si potrebbe pensare ad una sintesi proposta prima di iniziare i tre giorni, e questo potrebbe anche spiegare perché nel passato e al tempo di San Leone, si leggeva di nuovo un Vangelo della Passione prima del Venerdì Santo in cui sarà proclamato il Vangelo di S. Giovanni. Dobbiamo sottolineare questa caratteristica romana nella celebrazione della Domenica che precede la Pasqua, ed è una caratteristica che è stata in certa misura conservata nella riforma della Settimana Santa. Vi si scorge la mentalità romana che non è tanto desiderosa di riti esterni, come la processione delle palme, ma che rimane scrupolosamente attaccata alla profondità del mistero che essa intende far celebrare e pregare dai fedeli, senza correre il pericolo di allontanarsi con altri riti dal mistero centrale che essa vuole attualizzare nella sua liturgia.
Tuttavia, alla fine del secolo VII e nel secolo VIII troviamo come titolo di questa domenica: Domenica delle palme. Nel secolo VII il titolo De Passione Domini viene dato alla quinta domenica di Quaresima, già domenica di Lazzaro, le cui letture erano trasferite ai giorni feriali della settimana a seguito del trasferimento alla settimana degli esorcismi di coloro che si preparavano al Battesimo.
Soltanto nel secolo XI, quando il Pontificale romano-germanico (adattamento del sacramentario alle usanze romane composto nel secolo X a Magonza, in Germania) entrerà a Roma, la processione delle palme, realizzata in Germania, diventerà un uso romano.
Come abbiamo visto, a Gerusalemme si vogliono rappresentare il più realisticamente possibile le diverse fasi degli ultimi giorni di Cristo. A tal punto che, per esempio, se in Egitto la Croce è portata trionfalmente in processione, a Gerusalemme il vescovo che rappresenta Cristo è assiso su un asino. Dall’Oriente come è spesso avvenuto, queste usanze passano in Spagna e in Gallia, in cui verso la fine del secolo VII, si celebra la processione. I libri liturgici dell’epoca danno la descrizione della benedizione delle palme sull’altare. Nel secolo IX la processione diventa regolare in Gallia e Teodolfo d’Orleans compone l’inno Gloria laus.
A Roma il Pontificale romano – germanico aveva portato la processione delle palme. Praticamente i riti della benedizione e della processione erano quelli che abbiamo conosciuto prima della riforma della Settimana Santa: una specie di liturgia della parola, parecchie preghiere di benedizione delle palme. Dal secolo XII la processione si sviluppa a Roma; ma la chiesa papale del Laterano e la liturgia di questa chiesa rimangono molto discrete. Il Papa benedice le palme nella cappella del suo palazzo e la processione con le palme si avvia verso la Basilica del Laterano; l’inno Gloria laus è cantato davanti alle porte chiuse della chiesa; quando la porta si apre si canta: Ingrediente Domino.
Se vogliamo sintetizzare tutta questa storia, possiamo dire che a Roma si mantiene al primo posto la celebrazione della Passione. Tuttavia è ammessa la processione alla quale si dà un’importanza maggiore che alla benedizione delle palme, come si vede nel rito del Laterano che non ha accettato tutto ciò che le chiese di Roma hanno introdotto copiando i riti gallicani e ispanici.
Oggi, nella liturgia rinnovata, i riti della Domenica delle palme hanno ripreso una discrezione maggiore. La benedizione delle palme è vista come accessoria, ma l’accento è posto sull’entrata di Gesù a Gerusalemme, con insistenza sul significato messianico di questa entrata trionfale.
E’ stato soppresso l’uso di velare le croci; uso di origine oscura. Si è pensato invece che per noi, durante il tempo della Passione, fosse meglio lasciar vedere la croce e il Crocifisso. Nel passato il vangelo della Passione era proclamato nella Domenica delle Palme, il martedì, il mercoledì e il venerdì santo. Adesso, poiché abbiamo tre cicli di letture, è sembrato meglio proclamare nella Domenica delle palme uno dei tre sinottici in ogni ciclo, mentre il vangelo di Giovanni rimane fisso, secondo l’antica tradizione, al venerdì santo.
A cura di d. Vincenzo Bracci OSB