Omelia del Vescovo nella Santa Messa esequiale per il diacono Federico Gili




Parrocchia di San Nicolò, Fabriano 31 gennaio 2011


Federico, l’uomo buono, umile, pacifico, semplice, aperto a tutti anche a coloro che non lo capivano, Federico ci aiuta ad entrare nel vivo della proposta cristiana, espressa dalle letture di questa celebrazione.
“Chi si vanta, si vanti nel Signore” (1 Cor 1,31) scrive S. Paolo alla comunità di Corinto (II lettura). Vale a dire: riponga la fiducia in lui, non in se stesso, tanto meno in ciò che fa.
Il Vangelo delle Beatitudini poi esprime questa certezza, che è Dio che opera.
E opera su di noi, per noi, con noi.
Questa è la nostra beatitudine, la nostra letizia, la forza per guardare il futuro con fiducia. Dio non viene mai meno. Ed io che tento sempre a venir meno sono tenuto su, sono rafforzato, sono riempito di beatitudine, fino a quando questa vita non finirà più e sarà eterna.
Questa  beatitudine è il senso di tutta la vita di Federico, uomo sposato e Diacono.
Chi è il protagonista delle Beatitudini? E’ Gesù che fa la sua proposta appassionata.
Ci indica i Beati secondo Dio.
Due sono le ripetizioni, nuove e affascinanti di oggi. Prima ripetizione: beati, beati, beati. E’ la proposta della vera felicità, possibile a tutti, come lo è stato per Federico.
Seconda ripetizione: Dio è l’autore delle beatitudini. E’ la condizione per essere felici: beati se, e perché, Dio è tutto e allora ecco la povertà, la purezza, la mitezza come conseguenza di questo abbandono in Dio. Le beatitudini non sono  uno sforzo umano, ma il dono di Dio, a cui ci affidiamo.
E’ come se Dio ci dicesse: “Ti porto io. Io sono tutto quello per cui tu vivi”.
E Federico è stato così:  l’uomo buono veramente, secondo quella vita buona del Vangelo a cui ci sta educando la Chiesa Italiana e la nostra Diocesi.
La consistenza della vita, la felicità che il futuro ci riserva non sta in quel che appare, ma nel Tu a Dio che mi fa essere.
Passa la figura di questo mondo. La letizia proposta da Cristo si appoggia a ciò che resta, che è l’appartenenza a Dio, che tesse la nostra vita.
Oggi guardiamo Federico nel Tu dato a Dio che lo fa essere: così Dio ce l’ha donato e così è venuto a prenderlo per il Paradiso, nel silenzio in cui è vissuto sempre.
La sua beatitudine iniziata su questa terra e ora compiuta nel paradiso ci attrae e ci mobilita, ci rende protagonisti irresistibili: cosa chiede Dio alla nostra Chiesa con questa morte di Federico?
Oh, come vorrei imitarti, caro Federico: tu, beato perché sei stato povero avendo fiducia solo in Dio; tu nel pianto, quante volte ti ho visto commosso ed ho raccolto le tue lacrime, perché la tua fiducia è solo in Dio; tu, mite, con tutti, e sempre, perché eri certo che è il metodo di Gesù per avere tutto da lui; tu amante della giustizia di Dio, che è amore: l’hai dato a tutti. Tutti uguali per te davanti a Dio; tu, misericordioso con tutti; tu, uomo puro, purissimo perché il tuo cuore era solo per il Signore; tu, operatore di pace, perché figlio di Dio: quanto soffrivi quando vedevi difficoltà tra noi sacerdoti o tra laici, o nelle famiglie; tu, anche se criticato o non compreso eri sereno, beato, semplice. Hai sempre ricambiato con l’amore.
Tu, Federico, l’uomo di amore, di pace, di purezza, di perdono in famiglia, nel lavoro, nella nostra cara Chiesa di Fabriano-Matelica.
Quanto amore hai posto nel cammino e nello svolgimento del ministero del diaconato. Tu eri il nostro punto di riferimento per gli altri tre diaconi che quattro anni fa, per primi,  hanno arricchito la nostra Chiesa. Come hai curato la comunità dei quattro diaconi! Come hai testimoniato questo ministero, nel servizio liturgico in Cattedrale, nella tua parrocchia di S. Nicolò, in tante altre parrocchie. A quanti ammalati e anziani hai portato la Santa Comunione nelle case: e come ti ricordano sempre servizievole, dolce, discreto.
E noi sacerdoti come ti ricordiamo beato tra noi: preoccupato per la nostra unità e per la nostra obbedienza; quanto soffrivi se vedevi qualche sacerdote non preciso e non puro nell’obbedienza.
E a Santina, la tua amata moglie, le hai voluto tanto bene, di quel bene che è grande, perchè viene da Dio.
Ora, ti diciamo un grazie immenso per quanto hai operato per la nostra Chiesa e ti chiediamo di continuare la tua opera di uomo di pace, di amore e pieno di sollecitudine verso la tua Santina e verso la tua Chiesa di Fabriano-Matelica. Abbiamo desiderio grande di avere tanti seminaristi e tanti candidati al diaconato permanente. Sono certo che tu sarai insistente con il Signore, aiutato dalla Madonna, tua e nostra Madre, nel chiedere ed ottenere queste vocazioni. Sono certo che dalla tua morte fioriranno tante vocazioni.
Federico! Scuoti con la tua solita grazia tutti noi, per essere più buoni, più poveri, più miti, più coraggiosi per dire sì a Cristo e alla Chiesa. Federico! Sei e rimani per noi il primo diacono, amato da tutti (chi non ti voleva bene?!); sei e rimani per noi un uomo santo, buono, quasi da venerare.
Il beato Antonio Rosmini scriveva: “Solo grandi uomini possono formare altri grandi uomini”.
Ogni volta che mi incontravi mi rivolgevi il saluto cristiano, che abbiamo perso: “Sia lodato Gesù Cristo” e mi guardavi fisso finchè non avessi risposto bene: “Sempre sia lodato”.
Ora lo dico a te, Federico: Sia lodato Gesù Cristo che ci ha dato un  grande diacono. E tu rispondimi, rispondici: sempre sia lodato! Da te, ancor più ora, mi aspetto molto per questa nostra Chiesa.


                                                                                     + Giancarlo Vecerrica