Omelia del Corpus Domini diocesano e Saluto del Mons. Giancarlo alla fine del suo ministero

Corpus Domini
Venerdì 27 maggio 2016
Cattedrale, ore 21 Omelia del Vescovo

1- Tutte le religioni cercano, immaginano e interpretano il contatto con Dio, perché senza il rapporto con Dio non si vive, ma Dio rimane sempre irraggiungibile. Per il cristianesimo, invece, questo contatto con Dio diventa possibile, reale, fisico, perché Dio si è incarnato, come dice Gesù nel Vangelo di Giovanni (cap.3): “Dio ha tanto amato il mondo da dare se stesso”. La moltiplicazione dei pani del Vangelo di oggi ci apre ad accogliere questo evento straordinario, raccontato da San Paolo così: “Prese del pane… e disse: questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”.
Che dono inimmaginabile: ci viene offerto il corpo vivo di Gesù risorto, figlio di Dio!
Che ci manca, ora? Solo l’ardire di avvicinarLo, di toccarLo e di farci toccare, di riceverLo e di adorarLo, per donarLo agli altri, a tutti.

2- L’ardore di cui parlavano i due discepoli di Emmaus (Lc 24,32) si sprigiona a contatto con il fuoco, con il corpo vivo di Gesù, che “prese il pane … lo spezzò e lo diede loro”.
Il fuoco della vita, che riscalda e illumina, è Corpo del Signore risorto.
Capite, allora, la mia continua insistenza sulla confessione e sulla messa della domenica. Non è moralismo, ma è la passione per far vivere una vita illuminata, calda e divina, perché quando fai la comunione eucaristica ti viene dato e detto: il Corpo di Cristo. Tu diventi il portatore del Corpus Domini per tutti.
Il bel dono di questi miei anni vissuti con voi è l’Adorazione Eucaristica di giorno nel Santuario della Madonna del Buon Gesù; di notte, il primo sabato di ogni mese, a Fabriano e a Matelica.

Vi esorto con le parole semplici del contadino del Santo Curato d’Ars, che spiegava al suo parroco le ragioni della sua adorazione quotidiana: “Sono qui per stare con Gesù e Gesù con me. Ogni giorno abbiamo un appuntamento io e Lui, e per ore siamo in silenzio, poi corro nei campi e lavoro con gioia, torno a casa e dono alla mia sposa e alla mia famiglia ciò che Lui mi dà. Non posso fare a meno di Lui. Viviamo insieme, e sa, padre, qual è il bello di tutto questo? Che facciamo tutto insieme e la mia vita scorre insieme a Lui nella grazia e nella gioia, anche se sono un povero contadino. Sapesse che gioia stare con Lui e ogni giorno adorarlo …”.

Amici, che sia così anche per me, anche per voi.

+ Giancarlo Vecerrica

 

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Saluto del Vescovo Giancarlo Vecerrica alla Diocesi di Fabriano-Matelica
Cattedrale, venerdì 27 maggio 2016

“Voi, che dite: Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni, mentre non sapete quale sarà domani la vostra vita! Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare. Dovreste dire invece: Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello” (Gc 4,13-17).

Mi piace accomiatarmi da voi con queste parole di San Giacomo, perché oggi le sento più che mai per me. Cosa farò domani? Farò quello che il Signore vorrà, confortato dall’invito di Papa Francesco: “Sii sempre più docile allo Spirito Santo”.

1. La memoria
Il 22 febbraio 2003, in questa Cattedrale, in una bella giornata di sole, con la neve ai lati delle strade, avete accolto la mia Ordinazione Episcopale e il mio insediamento come vostro vescovo con grande entusiasmo e gioiosa partecipazione. Sembra ieri, invece sono 13 anni e 3 mesi.
Tra i tanti sogni di ragazzo e di giovane prete non c’è mai stato quello di diventare vescovo, ma lo Spirito mi ha condotto qui dove non pensavo di arrivare. Quando ho detto sì al Santo Padre, mi sono affidato allo Spirito, confidando nelle parole del santo martire Massimiliano Kolbe: “Lasciati condurre dallo Spirito Santo. Lasciati condurre nella pazienza, nell’amore, dalla Divina Providenza. Lasciati condurre nelle cose che non sono del tuo gradimento. Lasciati condurre dalla Misericordia divina, dall’Immacolata. E allora farai tantissimo bene, renderai a Dio il massimo grado di gloria, per mezzo della salvezza dei fratelli”. Questo affidamento mi ha dato sempre coraggio ed entusiasmo e mi ha fatto sperimentare quant’è bello lasciarsi condurre dallo Spirito. Perciò continuerò ad affidarmi e ad affidarvi a Lui, uno a uno, come ho sempre fatto ogni giorno.

In questi 13 anni abbiamo avuto giornate belle e buie, feste e problemi, incontri e confronti, ma sempre con il sorriso, perché Gesù rigenera la vita, donandoci lo Spirito creatore, che ravviva l’amore. Non finirò mai di ringraziare Gesù che mi dona e ci dona il suo Spirito.
Felice di essere vescovo, cioè prete in pienezza, cercherò di continuare a esserlo come, umilmente, ho sempre cercato di fare, fedele a quanto avevo promesso a me stesso, ricevendo l’incarico dal papa San Giovanni Paolo II, e come ci ha esortati  a essere papa Francesco nell’ultima Assemblea dei Vescovi Italiani: “scalzo, leggero e senza agenda”. Quando ripenso la mia storia di 51 anni di sacerdozio, di cui 13 da vescovo, alla luce di questo proposito e di questa esortazione, sento di dover chiedere perdono per quando non sono stato all’altezza, ma anche di ringraziare per la gioia di tante belle soddisfazioni.

2. La storia
Tante cose abbiamo fatto insieme in questi anni. Troppe? Poche? Incompiute?  Il conto preciso lo sa il Signore. Però, “tutto è grazia”, come scrive Bernanos, perché tutto è opera dello Spirito Santo, il vero protagonista, capace di fare compiere cose inimmaginabili a chi si affida a Lui.
Ora, non essendo il direttore di un’azienda, non ho resoconti e bilanci da fare: guardo la realtà di questi 13 anni per ringraziare il Signore e per ringraziare voi.
Ho percorso non so quanti chilometri lungo le tantissime e bellissime frazioni del nostro territorio, cercando di partecipare a tutto: eventi, convegni, incontri nelle scuole, nello sport, nelle aziende, nelle associazioni, nei convivi, nelle strade. Mi sono sempre impegnato nella difesa del territorio e della Diocesi, non per questioni ideologiche o di parte, ma per la consapevolezza di dovere cercare il bene del mio popolo, stando in mezzo al mio popolo.
Dal 2008, fin dall’inizio della crisi economica, ho impegnato la Diocesi ad accompagnare e sostenere la nostra gente nelle sue sacrosante rivendicazioni, diffondendo i Centri Caritas nelle vicarie e nelle parrocchie, valorizzando tutte le associazioni caritative, e ricorrendo a tutti  i possibili  strumenti di aiuto.
In questo impegno mi è stato di grande aiuto il rapporto sincero e rispettoso con tutte le autorità civili e militari, culturali ed associative, che ringrazio caldamente e affettuosamente.
Ciò che mi ha sempre guidato è stata l’attenzione a tutti con l’intento di valorizzare il positivo, e di incoraggiare le novità e la creatività in tutti i campi. Così abbiamo potuto ottenere, nel nostro piccolo, eventi straordinari, come l’happening vocazionale (2003), la missione giovani (2006), la Settimana Liturgica Nazionale (2010), i musical e gli oratori sacri dei giovani, e proprio negli ultimi mesi il Museo Diocesano, uno strumento importantissimo per tenere vive le nostre radici cristiane.

Dal punto di vista più strettamente ecclesiale, ho cercato di curare la vita pastorale e spirituale dei sacerdoti e dei fedeli con il sussidio annuale delle Lettere Pastorali o degli Orientamenti pastorali, con la visita pastorale, con i Mercoledì della Fede, e con l’avvio delle nuove Zone Pastorali, sempre con particolarissima preoccupazione per la Pastorale Giovanile e Vocazionale – quante belle vocazioni sono fiorite! –, per la Pastorale Familiare e del Lavoro, e per la rinascita degli oratori.

3. L’oggi
Papa Francesco ci ha invitato ad essere giovani che sognano. Il mio sogno è che la nostra Chiesa diventi sempre più viva, profetica e animatrice, nella consapevolezza che la Chiesa può essere così soltanto se piena di misericordia, e se aiuta ciascuno  a far brillare il carisma dell’altro.
Confido che questo avverrà grazie ai sacerdoti, ai diaconi, e ai seminaristi che in questi anni sono stati la mia opera e la mia realtà più cara.  Ho cercato di realizzare con loro quello che avevo scritto nel 2003, nella prima lettera pastorale: “Non vi chiamo servi, ma amici: voi sacerdoti siete i miei primi amici. Sono certo che così sarà anche per voi verso di me”.  Lo siamo stati veramente, cercando umilmente di realizzare l’amicizia di Gesù con i suoi discepoli. Penso al rapporto personale sempre aperto a tutti, alla vivace comunità dei giovani preti, ai ritiri e agli esercizi spirituali, alle case del clero, perseguendo lo stile comunionale nelle vicende gioiose o dolorose.
Ho sempre fatto riferimento alla preghiera di Gesù per l’unità dei suoi discepoli: “Ti prego, Padre, che essi siano una cosa sola … perché il mondo creda” (cfr. Gv 17,21), per mettere in pratica il mio motto episcopale “ut congregemur in unum”, convinto che in questa comunione sta l’efficacia della missione sacerdotale. Non mi sono mai rassegnato alle divisioni e alle gelosie, raccomandando continuamente di volersi bene, di sapere valorizzare le capacità dell’altro, facendo proprie le parole con le quali San Gregorio Nazianzeno descrive la sua amicizia con san Basilio “Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo”, e l’esortazione di san Paolo, che mi sta sempre tanto a cuore: “Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi, in Cristo” (Ef 4,31,32), memore delle parole di Gesù:  “Tra voi chi vuole diventare grande, sarà il servo di tutti, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10,43-44). Quanto è bello poter essere sempre così!

Adesso per me tutto questo continuerà.
Continuerà
nella preghiera per voi, sacerdoti e laici, perché ogni relazione cristiana è “usque ad eternitatem”: per sempre. Dice bene il filosofo Camus: “Quando si è avuta una volta la fortuna di amare intensamente, si spende la vita a cercare di nuovo quell’ardore e quella luce”.
Continuerà nell’obbedienza serena e nella collaborazione discreta con il nuovo Vescovo Mons. Stefano Russo. Chiedo a me e a tutti voi, sacerdoti e laici, di affidarci incondizionatamente a lui, grati per la sua dichiarata intenzione di dare continuità al lavoro svolto da questa diocesi.
Sarà certamente un pastore diverso da me. Che novità ci sarebbe se fosse come me!?
Il suo bel carisma, ricco di giovinezza, di cultura, di umiltà e di amore alla Chiesa darà nuovo e profondo incremento al nostro cammino.

4. Il sogno
Esco da questa missione molto più ricco di come sono venuto. Non di soldi, ma di fede, di esperienza, di maturità, di tutto quanto mi avete dato per farmi essere sempre più appassionato a una vita piena di comunione, di valorizzazione delle persone, di misericordia e tenerezza.
Sogno un territorio sempre più consapevole della propria identità e ricchezza culturale, sociale, lavorativa, sempre legata alle proprie tradizioni cristiane, e orgogliosa di proporre, come facevano i primi cristiani, “la civiltà dell’amore” in questo mondo lacerato.
Sogno una Chiesa viva, che sappia far ritrovare ai giovani, recuperandoli dal disinteresse verso la fede,  l’entusiasmo di essere partecipi e protagonisti della vita della Chiesa, e aperti alla vocazione sacerdotale e religiosa.
Sogno famiglie nelle quali vinca sempre l’amore cristiano, di fronte ad ogni malessere.
Sogno comunità sociali ed ecclesiali, che abbandonando le chiacchiere, le contrapposizioni, la violenza, l’invidia,  diventino ricche della misericordia che ricrea e rilancia ogni persona, tirandola fuori dai suoi limiti, senza sostituirsi alla sua libertà.
Sogno un territorio con strade finalmente terminate e aperte.

Affido la conclusine di questo mio saluto alla Madonna del Buon Gesù, che dal 1456 protegge questo territorio, e alla quale, nel 2010, ho avuto la grande grazia di compiere l’Atto di Consacrazione di questa Diocesi.
I due principi: quello mariano e quello petrino, l’amore alla Madonna e al Papa, mi hanno sempre guidato e reso felice, come sono ora, qui, di fronte a voi, perché sento anche per me le parole di Dio al profeta Geremia: “Ti ho amato di amore eterno, ho avuto pietà del tuo niente” (cfr. Ger 31,3). Vi auguro di cuore questa felicità e di essere sempre “pellegrini e non vagabondi”. Pertanto, per cominciare, vi aspetto al Pellegrinaggio Macerata – Loreto, di sabato 11 giugno prossimo.
Vi abbraccio uno a uno.

+ Giancarlo Vecerrica
Amministratore Apostolico della Diocesi.