Omelia del Vescovo durante l’Ordinazione presbiterale di Don Marco Strona

Omelia del Vescovo del 12 settembre 2015
Ordinazione presbiterale di Don Marco Strona

 

1. Non è appena un rito che stiamo celebrando, ma stiamo vivendo l’incontro che cambia la vita, dandole una prospettiva straordinariamente feconda. 

Giovani e adulti, preti e laici, da questa nostra intensa partecipazione dipende il nostro futuro.

La domanda che mi sorge in questa liturgia è: di chi fidarsi nella vita? Tu, caro don Marco, sei qui a dare solennemente la tua risposta. A chi ti sei affidato e di chi ti fidi? Ciò che mi ha sempre colpito in te è il tuo modo intenso di pregare e di seguire; una volta, vedendoti così mi sono detto: potessi essere anch’io come lui. Ricordando i miei 50 anni di sacerdozio, mi sono sorpreso nel constatare che la mia fiducia totale a Gesù mi ha reso capace di cose inimmaginabili. 

Ecco le letture di questa liturgia:

Isaia è grande, perché non si è “tirato indietro” di fronte a Dio, neppure quando doveva passare sotto i flagellatori, come farà anche Gesù. Isaia così può sfidare tutti: “chi mi accusa? Se il Signore mi assiste, tutto sarà bene per me”.

Nel Vangelo Gesù ripropone questo tema della fiducia in lui: “chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mt 8,35). Per gli apostoli, i primi sacerdoti, l’evidenza di quello che Gesù era che avevano scoperto è che a niente si poteva dare fiducia se non a quell’Uomo-Dio. L’alternativa a quell’Uomo è il nulla. E San Paolo è anche più drastico nella fedeltà assoluta a Gesù: “Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede” (Fil 3,7-9).

 

2. Noi di chi ci fidiamo? A chi ci affidiamo? A noi stessi? E infatti oggi crescono sempre più le disillusioni e le depressioni! “chi vuole salvare la propria vita da solo – dice Gesù – la perderà”. Ci fidiamo del mondo? Ma è il mondo che ha bisogno di salvezza. Tu, caro don Marco, da buon filosofo, mi hai scritto proprio questa frase di Kierkegaard: “Nulla di finito, nemmeno l’intero mondo, può soddisfare l’animo umano che sente il bisogno dell’eterno”.

 

3. Caro don Marco, continua più intensamente a fidarti di chi “può” salvare la vita tua e degli altri. Lo stesso Isaia, in un altro testo, dice: “Non hanno intelligenza coloro che pregano e seguono un dio che non può salvare” (cfr. Is 45,15-26). Gesù è l’unico di cui fidarsi perché è Dio ed uomo, può salvare la vita, cioè renderla bella, sicura, feconda.

Certo, seguire Gesù costa anche sacrificio, perché è morto e risorto, perché con Lui si va alla risurrezione passando attraverso il sacrificio. L’ha detto in questo Vangelo in maniera forte a Pietro, che pensava come il mondo.

Fidati di Gesù, morto e risorto, fidati della Chiesa, che Lui ha creato come tua maestra e madre.

Allora, niente moralismi: il prete è l’uomo vero, che ci tiene alla vita sua e degli altri; che dimostra la ragionevolezza del fidarsi solo di chi ci si può fidare.

Allora, la messa quotidiana e i sacramenti, la comunione con il Vescovo e i sacerdoti, la passione missionaria, che a te interessa in modo particolare (penso al tuo grande amore per il Guatemala): tutto questo sia la conseguenza appassionata  della tua fedeltà a Cristo e alla Chiesa, come già l’hai dimostrato. Nessun doverismo, ma solo fiducia, che è vita. Solo fiducia, che è la cosa più ragionevole. Sii appassionato di tutto e di tutti, perché a tutti arrivi la gioia di appartenere pienamente a questa Chiesa missionaria, aperta, apportatrice di amore, fiducia, bellezza.

Papa Francesco ti sia di guida nel riproporre un tipo di umanità affascinante: il papa è un uomo che appassiona, perché ha fiducia in Gesù e nella sua Chiesa e la trasmette. Nel testo Misericordiae Vultus (n.25) dice: “In questo Anno Giubilare la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio che risuona forte e convincente come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: « Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre » (Sal 25,6)”. La prima fiducia concreta che è chiesta anche a te, giovane prete, è quella di rispondere all’ultima petizione del Papa, perché le parrocchie possano accogliere gli immigrati.

Ti ho trasmesso ciò che mi appassiona veramente: quanto mi piace fare il prete così. Te lo auguro. Ma, tutto sarà bello ad una condizione, perché la fragilità, le difficoltà, il venir meno, cioè la sfiducia nemica della fiducia è sempre in agguato. Chi ti riporterà alla fiducia? La Madonna. Nel mio sacerdozio, giorno e notte, vedo la sua mano tesa e la prendo e allora riprendo fiducia. Una Madre non tradisce mai. L’amore alla Madonna del Buon Gesù sia la tua grande fiducia nell’essere un sacerdote che infonde sempre fiducia a tutti. I martiri cristiani di oggi quale metodo pastorale ci propongono! Essi in chi ripongono la fiducia? L’esempio ci è dato da un martire dell’ultima guerra, San Massimiliano Kolbe. Senti quale raccomandazione ti fa e, questa, ti auguro: “Lasciati condurre dallo Spirito Santo. Lasciati condurre  nella pazienza, nell’amore, dalla  Divina Provvidenza. Lasciati condurre … nelle cose che non sono di tuo gradimento. Lasciati condurre dalla misericordia divina, dall’Immacolata.  Lasciati condurre nella pace, nella pazienza e nell’amore della Divina Misericordia. Lasciati condurre … attraverso l’Immacolata, e allora farai tantissimo bene, renderai a Dio il massimo grado di gloria, per mezzo della salvezza dei fratelli”.

 

Fabriano, 12 settembre 2015 + Giancarlo Vecerrica