La beatitudine del Natale

 

  1. Il binomio gioia-Natale è facilmente riconoscibile, ma la gioia natalizia è qualcosa di più profondo di un temporaneo sentimento collettivo.
    In questo anno pastorale nella nostra Diocesi stiamo prendendo in esame le beatitudini secondo il Vangelo di Matteo, facendoci aiutare, nei “mercoledì della fede” in Cattedrale, da uomini e donne che ci raccontano come stanno unendo la loro vita con la vita di Cristo, parlandoci del loro impegno nell’incarnare il Vangelo sul piano personale e comunitario. Dice Papa Francesco: “Le Beatitudini sono la strada che Dio indica come risposta al desiderio di felicità”.

  2. Beato” non va confuso con ciò che questo termine significa comunemente.
    La beatitudine evangelica non è allegria, spensieratezza, fortuna. L’intera Bibbia, non solo i Vangeli secondo Matteo e Luca, è percorsa da beatitudini; potendole commentare una ad una, emergerebbero tutte le sfumature di una vita veramente sapiente, avremmo il profi lo di chi, con il suo atteggiamento e le sue scelte, sta centrando il bersaglio. “Beato” in senso biblico è chi si trova nella condizione più facile di questo mondo, perché è giusto davanti a Dio. La vita di ognuno di noi dovrebbe essere una feriale proclamazione delle beatitudini, tramite la nostra personalità, mediante i doni che il Signore ci ha dato in consegna.

    Sei beato quando sembri “uno che non sa stare al mondo”, ma in realtà possiedi un po’ della mitezza di Dio che si è fatto bambino.

    Sei beato ogni volta che nella preghiera e nei sacramenti – in particolare nella fedeltà alla Messa alla domenica e al sacramento della confessione – avverti in te la presenza del Signore che dona la Sua pace e la Sua letizia, diffondendo nel tuo ambiente queste due realtà che il mondo non conosce.

    Sei beato se reimpari a vivere in famiglia con amore vero, seguendo la famiglia di Nazareth.

    Sei beato, pur apparendo come un perdente, se condividi qualcosa della persecuzione della famiglia di Gesù minacciata dalla ferocia di Erode.

    Sei beato se esci dall’esclusivo attaccamento agli interessi tuoi e della tua parte politica, per collaborare alla ricerca di ciò che è giusto per l’intera società civile, per creare opere che risolvono finalmente il problema del lavoro.

    Sei beato se cominci a donare fino a dare tutto te stesso a Dio, alla Sua Chiesa e ai poveri, come Gesù.

  3. La beatitudine del Natale ci rende desiderosi di essere:

    beati come Maria e Giuseppe, affidati totalmente a Gesù, per il bene di tutta l’umanità;

    beati
    come i pastori, chiamati a raccontare quello che Dio-uomo ha fatto per noi, per annunciare in che modo ha portato luce nei nostri smarrimenti, come ha fasciato le nostre ferite interiori. I pastori di Betlemme, mobilitati dai “messaggeri di Dio”, sono diventati annunciatori con le loro povere risorse;

    beati
    come i Magi, i sapienti d’Oriente che, dopo un lungo cammino, riconobbero in un neonato la sintesi e il vertice dei loro studi, così è beato anche chi concepisce la vita come ricerca e annuncio del vero, senza temere di scontrarsi con un atteggiamento “politicamente corretto” che tutto relativizza soffocando l’anelito alla verità che è premessa ad ogni autentica liberazione.

    Il male del nostro territorio
    è che alcuni pretendono di essere beati da soli, chiusi nei ristretti circoli di potere a fare i loro interessi, mascherati con bei discorsi e iniziative clamorose. Si fanno troppe chiacchiere e incontri per parlare della crisi economica e del lavoro che non c’è, troppe iniziative episodiche, occorre invece valorizzare le vocazioni che sorgono dal popolo, dai soggetti popolari: sosteniamo chi può creare posti di lavoro nell’artigianato, nell’agricoltura, in opere e cooperative. Desidero che i giovani in particolare, finalmente, possano intraprendere iniziative, ricordando che “la realtà è superiore all’idea” (Papa Francesco).

  4. La mangiatoia-sepolcro del Bambino di Betlemme ci chiama alla sapienza dei poveri in spirito,

    cioè di coloro che umilmente rinunciano alla propria volontà per rendersi disponibili a Dio. Non lasciamoci scandalizzare dalle nostre debolezze, perché l’Eterno è disceso nel tempo facendosi piccolo per noi, allo scopo di manifestare la Sua forza nella nostra debolezza (cf. 2 Cor 12,9): offriamo a lui la nostra povera umanità, lasciandoci perdonare e guidare, per essere sempre donatori dell’amore di Dio. I cristiani perseguitati in questi giorni ci testimoniano questo coraggio dicendoci: “Siamo qui, abbiamo perso tutto, ma grazie a Dio e a Maria, abbiamo conservato la fede”. Felici quel gruppo e quella parrocchia, quella diocesi e città che crescono nello spirito delle beatitudini: avanza solo così il regno di Dio, dentro ogni tempesta della Storia.

Il Vescovo vi vuole tutti beati!

E, allora, Vi auguro di innamorarvi di “Gesù dolce, Gesù amore” (S. Caterina). Questo Natale non può essere la chiamata di Dio alla conversione di tutti all’amore a Gesù, alla Sua Chiesa, e all’amore verso il prossimo? A cominciare dai miei amatissimi sacerdoti e seminaristi fino all’ultimo uomo o donna del mio territorio, auguro a tutti Buon Natale 2014 e dalla Terra Santa, insieme ai giovani della Diocesi, buon anno 2015.

 

+ Giancarlo Vecerrica