Omelia del Vescovo nell’Ordinazione Diaconale di Bruno Quattrocchi

 

 

Un cenno sulla vita straordinaria di San Nicola. Uno dei santi più venerati. È nato nel 250 a Mira in Turchia. Fu sacerdote e vescovo per le sue doti di pietà, carità e santità. Ha ottenuto tanti miracoli e grazie già in vita. Era chiamato “Il santo di Dio”.

La vocazione di San Nicola è vocazione all’amore concreto, attinto alla fede, all’amore creativo. Il Papa Benedetto ha detto: “i santi sono i pionieri e promotori della Nuova Evangelizzazione: con la loro intercessione ed esempio di vita, attenti alla creatività che viene dallo Spirito Santo, essi mostrano alle persone la bellezza del Vangelo e della comunione in Cristo”.

Le Letture di questa festa di San Nicola ci presentano questa vocazione creativa e appassionata nel portare la luce di Dio a tutti. Così è stato per il profeta Isaia, così per San Paolo, così ci ha proposto Gesù nel Vangelo: “tenetevi sempre pronti”.

La vocazione di Bruno, che oggi riceve il dono del Diaconato, è questa vocazione di San Nicola, è questa vocazione proposta da Gesù: dare tutto se stesso a Dio per essere a servizio della evangelizzazione. Per questo c’è il dono del celibato che ora Bruno offrirà al Signore. La sua vocazione è nata in parrocchia, ha svolto la sua formazione e gli studi teologici nella Congregazione di San Giuseppe Cottolengo a Torino. Poi è stato accolto nella nostra Diocesi, ha svolto e sta svolgendo la continuità della preparazione al sacerdozio in questa parrocchia di San Nicolò. Ringrazio la sua famiglia e lui per il dono della sua presenza tra noi.

La vocazione di san Nicola e la vocazione di Bruno esprimono la potenza della vocazione che Gesù ci propone oggi attraverso le letture ascoltate e attraverso questo Anno della Fede che stiamo svolgendo vivacemente in Diocesi e dentro il Natale che stiamo preparando. 

Mi piace presentare alcune caratteristiche del Diaconato di Bruno e della vocazione che il Signore suscita in ognuno di noi.

1. Caro Don Bruno, sei al servizio dell’Incarnazione di Dio, a servizio del Natale, a servizio di Gesù che entra dentro la realtà umana. Sei chiamato al servizio liturgico, per fare come ha fatto Gesù all’ultima cena: nell’istituzione dell’Eucaristia, Gesù si mette il grembiule e lava i piedi agli apostoli. Che onore servire il vescovo e i sacerdoti all’altare, seguendo l’esempio di Gesù! Che dono grande servire la Chiesa incontrata, con umiltà e semplicità!

È collaborare a riconoscere la presenza reale di Gesù in mezzo al suo popolo. Per come compiamo l’Eucaristia si manifesta la presenza di Gesù. Troppe volte vogliamo celebrare come pare a noi, come se fosse una nostra proprietà, svolta a proprio uso e consumo. No, l’Eucaristia è di Gesù, l’esempio da seguire è quello di Gesù e non i propri istinti, accenti o improvvisazioni. Caro Bruno, porta questo esempio di Gesù dentro tutte le celebrazioni!

2. In secondo luogo, il Diacono è a servizio dell’Incarnazione, a servizio del Natale di Cristo, che entra stabilmente dentro la tua vita e dentro quella di ognuno: “Non sono più io che vivo – testimoniava San Paolo – ma è Cristo che vive in me”. Il Diacono porta Gesù dentro la vita.

Il cristiano, tanto più il sacerdote e il diacono non può concepirsi cristiano a modo suo, come un “fai da te” diceva Benedetto XVI, seguendo le proprie idee, i propri impulsi, suggestioni o fantasticherie. Sant’Agostino, proprio oggi nella seconda lettura dell’ufficio delle letture, ci riporta il pensiero di Gesù, che ci dice: “Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, e pascile come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria, non la tua, il mio dominio, non il tuo, il mio guadagno, non il tuo, se non vuoi essere del numero di coloro che appartengono ai «tempi difficili», di quelli cioè che amano se stessi con tutto quello che deriva da questo amore di sé, sorgente di ogni male”. E San Tommaso scrive che la fede è dire: “Ho consegnato a Dio me stesso”.

Il Diacono dovrà dare l’esempio di uno che non è ripiegato su di sé o nei propri lamenti. Il Diacono, come il cristiano vero, non si appartiene ma appartiene, fa morire se stesso, come dice il Vangelo, per vivere di Cristo e della sua Chiesa.

La sequela della comunione ecclesiale e presbiterale, il rapporto stretto con il vescovo, l’obbedienza piena e indiscutibile, usque ad mortem , a Gesù nel Papa e nel Vescovo, debbono essere il distintivo del vero cristiano e soprattutto di un Diacono, destinato al sacerdozio. L’obbedienza è lasciarsi guidare e correggere: segui chi ti testimonia questo modo sublime di servire Gesù e la sua Chiesa.

Tu, Bruno, sei chiamato ad essere esempio di questo abbandono semplice e umile a Gesù nel presbiterio, nell’obbedienza al vescovo fatta di cuore e senza rovinarla poi con i propri ripensamenti: è dire sì e fare sì, sempre. In questo secondo punto  voglio dirti: porta Gesù dentro la tua vita.

3. In terzo luogo, il Diacono è al servizio dell’Incarnazione, a servizio del Natale di Gesù per annunciarlo dentro il mondo. Porta Gesù dentro del mondo. La tua passione sia quella di comunicare Gesù a tutti, credenti e non credenti, e soprattutto ai giovani. Il Papa ci ha esortato a questa passione per il mondo, dicendoci: “Origene ci ha trasmesso una parola del Signore: chi è vicino a me, è vicino al fuoco. Il cristiano non deve essere tiepido … La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore che diventa grande passione del mio essere, e così accende il prossimo”.

La carità è dare tutto, cioè dare Gesù, il senso di tutto.

Tu devi gridare con la tua vita che Gesù è tutto e ci è necessario come invocava lo scrittore tedesco Bertold Brecht, alla Vigilia di Natale: “Vieni, buon Signore Gesù, da noi, volgi lo sguardo: perché tu ci sei davvero necessario”. Da te, mi attendo tutto questo!

Ho detto a te ciò che devo essere io Vescovo, i nostri sacerdoti e i loro e i miei collaboratori laici. La Madonna del Buon Gesù e San Nicola guidino sempre il tuo cammino verso la cosa più bella del mondo, essere diacon+o oggi per essere sacerdote domani.

 

+ Giancarlo Vecerrica