“Caritas in Veritate”: Contributi per una società più equa.

L’enciclica di Papa Benedetto XVI, “Caritas in Veritate”, tratta il tema dello sviluppo umano integrale nella Carità e nella Verità. Egli definisce Caritas amore ricevuto e donato che ha origine in Dio che è Veritas assoluta, luce che dà senso e valore alla carità e viceversa, senza la carità non c’è coscienza né responsabilità sociale e l’agire cade in balia d’interessi privati e logiche di potere con effetti disgregatori sulla società, specialmente in un mondo in via di globalizzazione. La Caritas dice il Papa è la base che deve governare le micro relazioni (famiglia, amici, …) e le macro relazioni (rapporti sociali, politici ed econo¬mici) e tradotto in concreti criteri per l’azione dell’uomo, consistono nella ricerca della Giustizia e del Bene Comune. Il Santo Padre definisce la Giustizia come la misura minima dell’amore. Essa riguarda tutte le fasi dell’attività economica, perché ogni decisione di questo tipo, ha conseguenze di carattere morale. Oggi è difficile da perseguire perché mentre l’attività economica va oltre i confini territoriali dei vari paesi, le autorità dei governi sono confinate in un ambito locale. Sarebbe opportuno che la giustizia accompagnasse fin dall’origine il processo economico con leggi giuste e forme di redistribuzione, affidate alla politica fatta da un’autorità superiore a cui tutti gli stati siano sottomessi e che sia basata su principi di carità e verità. Già il Papa Giovanni Paolo II aveva rilevato la necessità di un sistema a tre soggetti: -mercato; – stato; – società civile in cui solidarietà e sussidiarietà sono due componenti imprescindibili di giustizia, poiché nell’epoca della globalizzazione l’attività economica non può prescindere dalla gratuità (fraternità). Senza la gratuità non c’è la giustizia. Ciò non vuol dire che l’attività economica possa prevedere solo imprese no-profit, il profitto è un elemento fondamentale in un’economica di mercato e non va condannato, non deve, però, essere fine a se stesso ma portare al bene comune. Bisogna ritornare al modello cattolico della civitas romana, che accoglieva tutti, in contrapposizione a quello della polis, basato sull’esclusione dei meno efficienti, delle donne e degli schiavi. L’economia, oggi, deve essere civile, dando a tutti, la possibilità di contribuire al processo lavorativo. Un mercato pluralista che non faccia affidamento, per chi è ritenuto “improduttivo”, solo sul welfare, sui sussidi e contributi, ma che lo aiuti, invece, ad avere una vera occupazione. Accogliere e non emarginare, inoltre il lavoro deve essere decente. Una persona è umiliata quando si sente irrilevante. Un peccato grave per la teologia cristiana. Tutti devono avere diritto a un lavoro decente. Tutti meritano di provare la bellezza di contribuire alla creazione del Signore.  Il bene comune non consente esclusioni e quindi si persegue solo se ci si rivolge a tutti ed è il fine cui ogni cristiano è chiamato.  In una società in via di globalizzazione deve avere le dimensioni dell’intera famiglia umana. Il bene comune, per Papa Benedetto XVI è la forma concreta e profonda di Democrazia Sociale. In un’economia di mercato in cui l’attività economica è fonte di profitto, se questo è ottenuto e impiegato secondo i criteri d’azione dettati dall’Amore (Caritas) in Dio (Veritas); la giustizia e il bene comune, sono espressione di vera democrazia.
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