Commento al Vangelo della IV domenica di Quaresima di Mons. Francesco Massara

Cari fratelli e sorelle,

La tenebra e la luce sono il contrasto più forte della natura. L’uomo da sempre ha collegato le tenebre alla morte, e la luce alla vita. È vero che se uno nasce noi diciamo: “è venuto alla luce”? Oppure se e uno muore diciamo che: “si è spento”?

Nella prima pagina della Bibbia, nel racconto della creazione, leggiamo che Dio creò la luce, ma non leggiamo che creò le tenebre: “e vide che la sua luce era cosa buona”.

Viviamo in questi giorni di quaresima e di quarantena (obbligata o volontaria che sia) un’apparente periodo di buio, di smarrimento; mentre il Vangelo dona conforto con le parole di Gesù che ci viene incontro con la lampada accesa per dirci: “io sono la luce del mondo. Chi mi segue non camminerà mai nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”.

Ed ecco il racconto di questa IV Domenica di Quaresima: il cieco nato é nelle tenebre da sempre, e incontra Gesù che è la luce del mondo. Credendo in lui diventa, dunque, capace di vedere le cose materiali e anche le realtà dello spirito.

Al centro del racconto c’è una strana domanda che sembra non appartenerci, ma che spesso noi stessi facciamo al Signore: “chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco”? La gente non solo pensava ma presumeva di sapere che se lui è nato cieco, deve trattarsi di una punizione di Dio per qualche peccato commesso da qualcuno della sua famiglia. Questo atteggiamento lo viviamo, quando trasformiamo la nostra fede in magia; quando camuffiamo la nostra paura o non conoscenza del Signore in una serie di gesti o formule. Leghiamo il peccato ai problemi fisici o naturali, creando un rapporto causa-effetto. Non è quello che accade in questi giorni? Il credere che sia Dio a mandare le sciagure e le disgrazie, riducendo la sua bontà infinita ad una logica miseramente umana.

Il brano, ci mostra come la cecità simbolo del peccato, diventa segno della potenza di Gesù che è venuto per ridonarci la vista, cioè, per curare la nostra cecità e condurci alla fede. Questa guarigione è quindi manifestazione del desiderio di Dio, che non gode della morte del peccatore, ma che si converta dalla sua condotta e viva. (Ez 33,11). Tutto questo avviene per opera della fede, che guarisce il cuore prima che gli occhi, ed è la fede di quest’uomo, che lo fa’ passare dalla cecità alla visione, dalle tenebre alla luce. Acquista lafede e diventa discepolo. Viceversa, i farisei hanno gli occhi ben aperti ma non vedono chi è realmente Gesù. Non riconoscono in lui il Salvatore. Lo rifiutano come luce del mondo, e così rimangono nelle tenebre.

Tutta questa simbologia di Giovanni, ci viene offerta, per imparare a saper aprire i nostri occhi sulla centralità della fede, e cioè che Dio è Padre, e ci ama, ci salva, e ci dona la vita eterna. Poi tocca a noi tirare le conseguenze: che cioè siamo figli e fratelli, e chiamati a vivere nella solidarietà. I cristiani vedono così, nella pienezza della luce portata da Cristo, i veri motivi di gioia e di ottimismo.

Allora riusciremo a dire con San Paolo che: un tempo eravamo tenebra, ora siamo luce del Signore! Ed è per questo che oggi, più che mai, dobbiamo comportarci come figli della luce per essere buoni, giusti e veri. Molte volte vediamo bene le cose materiali, ma restiamo poi al buio, procediamo a tentoni, con una conoscenza distorta della fede.

In riferimento al bevo del Vangelo di questa domenica, mi piace molto l’immagine che vi riporto di seguito realizzata a Cracovia per il Santuario di San Giovanni Paolo II da Marko Ivan Rupnik. In questo mosaico si vede Gesù che si sta per chinare per raccogliere da terra il fango e compiere il miracolo, ma subito si nota che è il cieco a tenere fra le sue mani il fango che Gesù ha preparato: questo sta a significare che noi come il cieco dobbiamo avere un’attiva, concreta, reale partecipazione alla guarigione che Cristo deve compiere nella nostra vita. Gesù, invece, tiene in mano un rotolo aperto ma vuoto. Il rotolo vuoto aperto è il libro della vita che è generalmente bianco, nel senso che Cristo non tiene un registro delle colpe dell’umanità, delle mie opere, ma che le scrive con me passo dopo passo.

Che il Signore ci permetta di riscoprire, anche in questa Quaresima che ci vede tutti in casa, i prodigi di guarigione che ha compiuto e che compie nella nostra vita, e ci permetta di dire con il cieco del Vangelo: “Credo Signore”!

Sia lodato Gesù Cristo!